2- Nella ricca Repubblica veneziana le arti, e fra esse la musica, hanno il compito di rappresentare lo splendore del doge, del governo che egli impersona e dell'intera città.
3- La processione della reliquia del santo patrono in piazza S. Marco è uno degli eventi più importanti e solenni della vita di Venezia. Tutti i cittadini vi partecipano. Festeggiamenti religiosi e profani si alternano, occupando l'intero arco della giornata.
4- Dentro S. Marco esistono due organi, uno di fronte all'altro, presso i quali si sistemano due cori.
5- La cappella musicale esistente presso S.Marco è davvero ricca e importante: essa comprende due organisti, trenta cantori rinomati per la loro bravura e il gruppo degli archi e dei fiati cui si aggiungono, nelle occasioni importanti, i suonatori di tamburo e i famosi sei trombettieri del doge.
6- Sei suonatori di trombe d'argento precedono il doge in tutte le cerimonie, civili, e religiose, per annunciarne l'arrivo.
7- Il maestro della cappella di S.Marco ha il compito di partecipare a tutte le cerimonie, religiose e civili e di comporre musica sacra e profana. Una musica che rispecchia il fasto e la gioia di vivere della Repubblica veneta.
VENEZIA E LA MUSICA
A Venezia le cerimonie sacre cominciano in piazza San Marco, centro della vita civile e religiosa: come avete scoperto ascoltando i brani in apertura di unità, i cittadini vi arrivano richiamati dal suono delle campane. Tamburi e trombe annunciano l'arrivo del doge e il suo ingresso nella basilica. Gli strumenti sono parte essenziale anche della musica eseguita durante la celebrazione della Messa: l'organo sottolinea il passaggio fra i diversi momenti del rito e, insieme agli archi e ai fiati, accompagna il coro che canta il Gloria, creando un'atmosfera brillante e sfarzosa. L'ultima parte del Gloria presenta addirittura un insolito metro ternario che, con il suo andamento danzante, invita alla festa e alla gioia. La musica sacra composta dai maestri veneziani del Cinquecento, come Andrea Gabrieli e suo nipote Giovanni è polifonica, cioè cantata da più voci che eseguono contemporaneamente melodie diverse. I giochi di botta e risposta fra le varie voci danno vita a una musica solenne e festosa, che ben si addice a una Repubblica ricca e indipendente, che difende gelosamente la propria gioia di vivere e la propria autonomia.
ROMA NEL CINQUECENTO
Potenza economica di tutto rispetto, la Chiesa governa nel Cinquecento su campagne e città e tratta alla pari con i sovrani delle altre nazioni. Molti pittori, scultori, architetti e musicisti giungono a Roma da tutte le parti d'Italia, attratti da una grande richiesta di artisti. L'arte che qui si crea è austera e solenne, adatta a celebrare la magnificenza di un Dio potente, padrone dei destini di ciascuno e superiore a ogni umana debolezza.
LA SCUOLA ROMANA
Strettamente legata alla liturgia priva di accompagnamento musicale e polifonica: queste sono le caratteristiche più evidenti della musica sacra che si esegue a Roma nel Cinquecento. Al contrario di quella veneziana, la musica sacra romana e del tutto diversa da quella profana. La Chiesa romana ha infatti già da tempo separato il clero dai laici, i sacerdoti dai fedeli: diverse le funzioni, il ruolo, le abitudini di vita e la partecipazione alla vita religiosa. Durante la Messa un coro specializzato interviene in pochi momenti precisi. I compositori al servizio della Chiesa hanno il compito di rendere solenne e maestoso il rito religioso: la polifonia si complica e le voci (sono sei nel brano di Palestrina) danno vita a un intreccio affascinante ma difficile da seguire; il testo, cantato in latino secondo l'uso della Chiesa è spesso del tutto incomprensibile. D'altronde già da qualche secolo si sono affermate le lingue volgari e il latino è una lingua sconosciuta alla popolazione.